Books, music and the like – my likes #1: Noir fiction review

The Yiddish Policeman’s Union (Michael Chabon) – I demoni di Berlino (Fabiano Massimi) – La satgione del pipistrello (L. Macchiavelli) – Gone Girl (G. Flynn) – The City & the City (C. Miéville) – Red Harvest (D. Hammett) – Il contesto (L. Sciascia) – La forma dell’acqua (A. Camilleri) – Buono da morire (REMS) – I tempi nuovi (A. Robecchi) – The Long Goodbye (R. Chandler) – Casino Royal ( I. Fleming) – The Wrong Side of Goodbye (M. Connelly) – The Black Echo (M. Connelly) – Pashazade (J. C. Grimwood) – Fiuli di Fumo (F. Sala) – La paranza dei bambini (R. Saviano)


I libri sono scudi, più resistenti e duraturi degli esseri umani. Lo sono perlomeno dall’inizio del secolo scorso, dai tempi del modernismo e dell’età dell’ansia; ancora di più oggi, nella società globale del neo-liberismo, dell’hi-tech, del pensiero unico. I regimi bruciano i libri, nei romanzi distopici sono sempre proibiti, nella società contemporanea anche la scuola ha paura dei libri. Ma essi e il pensiero non scompaiono, come simboleggiano gli uomini-libro di Fahrenheit  457. Questa pagina parla dei volumi che riesco a leggere, nella frenesia della modernità, che vale la pena mezionare; è il mio modesto contributo a questa lotta per la sopravvivenza.

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Books are shields, more resistant and durable than human beings. They have been, at least, since the beginning of the last century, since the times of Modernism and the Age of Anxiety; even more so today, in the global society of neo-liberalism, of hi-tech, of unique thought. Regimes burn books, they are always forbidden in dystopian novels, in our contemporary society even schools are afraid of them. But volumes and thought do not disappear, like men-books in Fahrenheit 457. This page is about the ones worth remembering which I manage to read in the frenzy of modernity; it is my modest contribution to this struggle for survival.


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The Yiddish Policeman's Union (Recorded Books Audiobooks)The Yiddish Policeman’s Union by Michael Chabon
My rating: 2 of 5 stars

Writing a hard-boiled novel in an alternate history setting is in itself a challenging task. This book never really gets going and getting to the end is challenging as well. The idea – the Jews’ home in Alaska after WWII – is original but the plot is too conventional, like the hero, a down and out cop we have seen thousands of times before. Besides, the reading is made difficult not only because of Yiddish words and of the necessity of background knowledge of its culture, but also because of the style. Sentences are long, complex, pretentiously poetic, with similes and metaphors taken from Chandler, but they don’t actually work. The book is too long, redundant, and the weak plot does not really gets going, engulfed by this conceited language. In addition, the discovery of the planetary plot of the fanatic Jews and the American president, even if too real today, is quite banal. Probably, it would have worked better had it been faster in pace.

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I demoni di BerlinoI demoni di Berlino by Fabiano Massimi
My rating: 4 of 5 stars

Non è facile scrivere un romanzo storico noir/hard boiled, ma la combinazione in questo libro funziona. In un quadro storico ben documentato e di per sé intrigante (gli albori della Germania nazista), e quindi narrativamente efficace, si muove Il commissario Sauer, il protagonista outcast che si rimette in gioco, come da tradizione del genere. Forse un po’ troppo, perché a un certo punto diventa un eroe jamesbondiano, in azione costante , quasi un superuomo, che si muove in mezzo a complotti infiniti che si intrecciano, lo colpiscono ma dai quali si salva sino a scoprire la verità. C’è ovviamente un donna che lo spinge a ritornare in full action, una fanciulla in pericolo o una dark lady? Il commissario Sauer svelerà i misteri, ma la storia non può essere cambiata: il rogo del Reichstag arriva nel climax, il nostro eroe ne uscirà miracolosamente vivo, ma la follia nazista avanza inesorabilmente. Come nel noir che si rispetta, il protagonista può risolvere il caso ma non cambiare il mondo. Un elogio, infine, alla scrittura: hard boiled, certamente, ma anche molto precisa, raffinata, letteraria, uno degli aspetti migliori del romanzo.

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Dark Lady as psyco bitch: femme fatale final degeneration in superb post-noir


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In un paese imprecisato, che il romanzo fa capire non essere l’Italia ma che all’Italia irrisistibilmente rimanda, viene ucciso il procuratore Varga. Nel giro di pochi giorni, mentre sono in corso le indagini dell’ispettore Rogas, vengono uccisi altri quattro magistrati, Sanza, Azar, Rasto e Calamo. Rogas individua un filo comune ai delitti, cercando persone che fossero state condannate in processi a cui avevano preso parte i magistrati; fra questi un ex-farmacista, Cres, che dieci anni prima era stato ingiustamente accusato dalla moglie di aver tentato di avvelenarla. Cres era stato condannato a cinque anni di carcere e una volta scontata la pena aveva deciso di vendicarsi uccidendo i magistrati coinvolti a vario titolo nei processi.

Maturata la convinzione sulla colpevolezza di Cres, Rogas cerca di comprendere la sua personalità chiedendo informazioni al dottor Maxia, il solo amico rimasto all’ex-farmacista; nel frattempo Cres si rende irreperibile, anzi invisibile, risultando vani i tentativi di trovare un’immagine del ricercato o di ricostruire un identikit attendibile.

«A questo punto», si legge nel romanzo, «l’indagine di Rogas era arrivata a una soluzione abbastanza attendibile. Bisognava trovare Cres». Ma la situazione si complica quando viene assassinato un altro magistrato, il procuratore Perro, perché alcuni testimoni vedono fuggire dal luogo del delitto due giovani con i capelli lunghi, abbigliati come i contestatori di estrema sinistra. Da quel momento Rogas viene spinto dai suoi superiori a indirizzare le indagini verso i gruppuscoli rivoluzionari che proliferavano nel paese, sebbene appaia evidente che le organizzazioni eversive erano state letteralmente inventate da chi aveva interesse a sfruttare una situazione di confusione.

L’ispettore entra in contatto con gli ambienti intellettuali vicini ai gruppuscoli, scopre le ambiguità di un mondo dove il direttore di una rivista rivoluzionaria (Galano) ha stretti rapporti con persone potenti e influenti, tutt’altro che rivoluzionarie. Cercando Galano incontra uno scrittore progressista, Vilfredo Nocio, inviso ai rivoluzionari come fosse un nemico di classe, che si sfoga scrivendo versi che ricordano l’articolo in forma di poesia scritto da Pasolini dopo i fatti di Valle Giulia del marzo 1968.

Rogas si rende conto che si sta architettando una sorta di complotto, col quale chi detiene il potere cerca di consolidare la propria supremazia; è un gioco in cui hanno parte attiva i sedicenti rivoluzionari, i partiti di governo e d’opposizione, i rappresentanti delle istituzioni e del potere economico, di cui Sciascia ci lascia solo intravedere i contorni. Vi è coinvolto anche il Presidende della Corte Suprema Riches, che l’ispettore scopre aver ospitato una riunione segreta di importanti personaggi. Riches è anche il giudice che aveva confermato in appello la condanna di Cres e quindi vittima designata dell’assassino solitario. Rogas, che ormai conduce un’indagine personale ed è visto con sospetto dai superiori, lo va a trovare per avvisarlo del pericolo che sta correndo, ed ha con lui un dialogo memorabile sul diritto, l’amministrazione della giustizia, l’errore giudiziario.

Uscendo dall’ascensore di casa Riches incontra un uomo con la sua stessa corporatura, di fronte al quale ha «la sensazione dello specchio» e un lampo d’intuizione: l’uomo è Cres, che da antagonista è ormai diventato il suo alter-ego, il suo doppio. L’uno è un assassino che persegue in solitudine il suo disegno di vendetta: l’altro un investigatore-intellettuale che conduce una personale e altrettanto solitaria ricerca della verità. Cres aveva appena ucciso un altro magistrato ed era tornato nel suo appartamento, preso sotto falso nome (Carlos Ribeiro, commerciante portoghese) nello stesso palazzo del Presidente Riches, in modo da poterlo uccidere per ultimo, con tranquillità.

Ormai Rogas ha un quadro completo della situazione: ha trovato Cres, conosce l’esistenza del complotto. Decide di svelare tutto al suo amico Cusan, uno scrittore progressista, e si propone di informare Amar, il segretario generale del Partito Rivoluzionario Internazionale. L’epilogo del romanzo è costellato di morti; i cadaveri di Rogas e di Amar vengono trovati alla Galleria Nazionale dove i due si erano dati appuntamento; Riches viene ucciso da Cres qualche ora dopo. Cusan, che è depositario delle scoperte di Rogas, incontra il vice-segretario del Partito e apprende da lui che è stato l’ispettore a uccidere Amar prima di essere ucciso da un agente.

Dei delitti non si offre una spiegazione esplicita: il romanzo è costruito in modo tale da non farci comprendere fino in fondo le dinamiche dei fatti e le loro motivazioni, perché vuole rappresentare una situazione confusa e contraddittoria, come quella italiana tra la fine degli anni Sessanta e i primissimi anni Settanta – il romanzo è stato pubblicato nel 1971 ma era stato concepito e in gran parte scritto tra il 1967 e il 1969. Un’ipotesi plausibile sul finale (ma non unica né mai confermata dall’autore) dipende da una lettera che Italo Calvino scrisse a Sciascia dopo la lettura del dattiloscritto del romanzo nel settembre 1971: Rogas avrebbe ucciso Amar dopo aver scoperto il suo coinvolgimento nel complotto, compiendo così un gesto inutile sul piano pratico (c’è un vice di Amar che assicura continuità, e con la morte di Rogas la verità viene più facilmente coperta), ma appunto perché gratuito si configura come un’affermazione di libertà paragonabile a quella del pittore di Todo modo quando, in un altro finale aperto e ipotetico, uccide Don Gaetano.

La verità di Rogas viene coperta perché sarebbe stata rivoluzionaria, laddove il partito di Amar aveva tutto l’interesse a mantenere la rivoluzione solo nel nome, a rinviarla al momento in cui se la sarebbe potuta permettere: «“Siamo realisti, signor Cusan”», dice il vice-segretario nelle amare battute finali del libro, «“Non potevamo correre il rischio che scoppiasse una rivoluzione”. E aggiunse: “Non in questo momento”. “Capisco” disse Cusan. “Non in questo momento”». Il riconoscimento del valore di apologo sulla situazione politica italiana fu immediato, e persa di vista ogni cautela sul fatto che pur sempre di letteratura si trattava, politici e intellettuali organici o contigui ai partiti di sinistra e ai movimenti extraparlamentari si scagliarono con veemenza contro Sciascia. Il quale era consapevole che Il contesto si configurava come una «mala azione», di quelle che Vitaliano Brancati consigliava di commettere ogni tanto per rivitalizzarsi: cosa che puntalmente si verificò con Sciascia, se è vero che con Il contesto si apre la stagione più sperimentale e innovativa della sua attività, quella di Todo modo e Candido, della Scomparsa di Majorana e L’affaire Moro, di Nero su nero e Cruciverba. (Paolo Squillacioti)

Amici di Sciascia

(…) I delitti iniziano a avvenire anche nella capitale ed il capo della polizia impone a Rogas di indirizzare le indagini verso i “gruppuscoli” di estrema sinistra, non più da solo ma agli ordini di un commissario della squadra politica. Tuttavia, l’ispettore progressivamente si convince che i delitti possano essere parte di un piano eversivo ordito da organi dello stato, incluso lo stesso capo della polizia. Una volta avutane la certezza, e scoprendo di essere sorvegliato, tenta di informare il segretario del PCI, al quale dà appuntamento in un museo; un killer, appostato sul luogo, uccide entrambi.

In un messaggio al telegiornale, il capo della polizia attribuisce l’uccisione del segretario del partito allo stesso Rogas, che avrebbe dato da tempo segni di squilibrio mentale. I dirigenti del PCI, pur conoscendo la verità, non ne approfittano, poiché giudicano prematura la conquista del potere. Piuttosto, preferiscono accettare la versione ufficiale per evitare scontri di piazza che avrebbero dato il pretesto per un colpo di Stato militare. (wiki)




I tempi nuovi di Alessandro Robecchi

L’autore ama Chandler e cita Bob Dylan, per me due fatti più che sufficienti per leggere il libro in questione. Infatti non sono rimasto deluso da questo noir italiano, genere a cui mi avvicino con sospetto, amando e studiando il noir anglofono. Il libro scorre via bene, il plot funziona, i personaggi, di genere, pure … continua a leggere

Il nuovo romanzo con Carlo Monterossi, Ghezzi, Carella, Oscar Falcone, una misteriosa signora che cerca una vita nuova e un morto con troppi indizi intorno. Qui recensioni, interviste e tutta la rassegna stampa


The Beguiled by Thomas Cullinan

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lean, mean, writing machine, with a hint of literature



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BOOK REVIEW : A Fall From Grace to L.A.’s Underside


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Post-Chandler, hard-boiled and Blade Runnerish indeed, but something is wrong in this book. The setting is fascinating but the ‘alternative history’ background is confusing, and, in the end, pointless. The protagonist is a very young super tough-guy that works more for comics than for literature (by the way, getting familiar with his multiple names is not easy). His brain implantation is a cheap homage to cyberpunk, but it is out of place. The flashbacks on his past are quite complex: it is a puzzle-built plot and it is not easy to put the parts in the right position – and if you make it, you’ll probably find out there are missing pieces not included in the box. Protagonist and girl on the run are nothing new, but the urban milieu in which they wander is the best part of the novel: El Iskandryia/Alexandria is mysterious and fascinating, caught between High-Tech and traditions, run by corruption in business and politics (nothing new under the sun here). Enjoyable to read, but not a page-turner. Good Italian translation by the niche publisher ‘Zona 42’. (CLICK FOR GOODREADS REVIEW)


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Come per i precedenti, anche leggendo questo nuovo episodio di quella che è ormai la saga del commissario Dallari, viene subito in mente il Maigret di Simenon. Atmosfere, personaggi e ambienti, percorsi da un umanissimo eroe/anti-eroe, fanno della Modena fascista del romanzo una piccola Parigi, quella color seppia, vintage, che ospita appunto le avventure del commissario francese. Niente uomini d’azione alla Philip Marlowe, niente geni della deduzione alla Poirot, ma un commissario che è un uomo normale ma non un uomo qualunque, dalla vita regolare, che mal sopporta il regime e che, come tutti gli uomini intelligenti, vive sempre con un certo ‘spleen’ addosso.

Che il genere poliziesco sia un pretesto, è evidente: c’è sì un delitto misterioso, una indagine, la soluzione finale non priva di suspense e colpi di scena, ma la trama è semplice e volutamente ‘tenuta al minino’, un mezzo appunto per descrivere personaggi e ambienti. Al centro della vicenda, accanto a Eleuterio Dallari, ci sono alcune donne affascinanti e misteriose (dark-lady o fanciulle in pericolo?), un ambiguo calciatore di successo e un fastidioso funzionario di regime; ma, soprattutto, ci sono i personaggi minori, tipici di quella città, a cominciare dal brigadiere Poggioli, funzionario ligio ma intelligente, non la solita macchietta. Essi sono forse più importanti dei personaggi principali: colti nella loro umanità più profonda e visti nel loro insieme, essi formano quella umanità che dà il vero sentore di un ambiente. Poi c’è la Modena che fu, forse la vera protagonista principale, con i suoi luoghi, i suoi profumi, le sue case, le sue osterie, il suo lambrusco.

Il libro è di piacevole lettura soprattutto per la prosa usata, levigata, sciolta e ben ripulita che l’autore ha affilato nel corso del tempo. Ma non è solo bella, la lingua usata è un prezioso strumento per dar voce appropriata alla sensibilità dell’autore. Questo è l’aspetto che più mi è piaciuto dell’opera. Lo scrittore scava nelle pieghe dell’animo umano per darci personaggi in carne ed ossa, a tutto tondo, per farcene sentire l’odore: vizi e virtù, sentimenti, passioni, odi, amori, sensazioni, impressioni soni sempre lì, a far capolino nella pagina. Grazie all’uso del linguaggio, l’autore non solo riesce a trasmettere la complessità dei suoi personaggi, ma rivela a sua volta una sorprendente capacità di cogliere e rivelare l’animo umano.

Più che un giallo lo definirei quindi un romanzo storico e sociale, d’ambiente, che mostra come non ci sia bisogno del James Bond di turno per avvincere il lettore. Bravo Francesco. Rimaniamo in attesa delle prossime mosse del commissario Dallari e dei manicaretti della moglie Elide, all’apparenza rezdora mansueta ma capace di improvvise gelosie.


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